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Lettera aperta a presidenti, dirigenti e allenatori CSI.

Pubblichiamo alcune considerazioni del direttore area calcio del CSI Giuseppe Porqueddu


I giorni scorsi, tutte le società affiliate al CSI hanno ricevuto una lettera da parte del direttore area calcio CSI Giuseppe Porqueddu. Abbiamo provveduto a leggerla con grande attenzione e deciso di pubblicarla perchè condividiamo ogni parola pronunciata da Giuseppe. Quando si parla di educazione e rispetto soprattutto nei confronti dei bambini che vogliono solo giocare e divertirsi, la San Paolo sarà sempre al fianco del Centro Sportivo Italiano. Caro Giuseppe vai avanti "a testa bassa" e senza nessun timore, stai tranquillo che la stragrande maggioranza delle persone alla fine ti seguirà senza alcun indugio. Per concludere, chiedo a tutti i componenti della San Paolo, Allenatori, Dirigenti e Genitori, un comportamento consono con quelli che sono i principi del Centro Sportivo Italiano e della società San Paolo Sassari.

 

"Gentilissimi,
 
Ieri, per la prima volta dal mio sbarco su Facebook, ho postato una foto e un commento in merito ad alcuni episodi accaduti nell'ultimo fine settimana. Non è mia abitudine utilizzare i "social" per gestire certe situazioni, anzi, sono sempre del parere che gli accadimenti più critici vadano affrontati nelle sedi opportune. Ma c'è un momento nel quale il monito va lanciato pubblicamente. E questo momento è arrivato.
Ognuno di noi tesserati Csi deve capire che ha una responsabilità educativa troppo importante quando si trova in un campo di gioco, così come davanti a un pc. Qualcuno, a questo proposito, potrebbe dirmi: "Io su Facebook scrivo quello che voglio". Si, rispondo io, ma quando si parla di commenti legati direttamente all'attività svolta dal Csi pretendo un linguaggio adeguato.
Perché leggere certe considerazioni, come quella che ho riportato ieri (e venire a conoscenza di altre che poi sono seguite a commento), servono solo ad alzare i toni e rendere tutto più elettrico e straordinariamente fastidioso. E il tutto non può essere ridotto al "la colpa è delle classifiche", "non ci vorrebbero gli arbitri" (che noi chiamiamo educatori, tanto per cominciare), e dintorni. Nello sport la competizione è sempre esistita ed esisterà sempre. Chi scrive è cresciuto giocando a calcio per strada, e voleva vincere già da quelle partite dove le porte erano fatte con due sassi. Alzi la mano, senza ipocrisia, chi è pronto ad affermare il contrario. Basta fare i moralisti. Però una svolta dobbiamo darla. Nel Tour delle Società che abbiamo iniziato dallo scorso 14 gennaio, uno dei temi ricorrenti, come leggete anche dalle relazioni che invio, è quello dei "genitori a bordo campo". A questo proposito anticipo che stiamo studiando alcuni interventi per quella che viene definita come la "grande sfida dei prossimi anni". Ma forse stiamo sbagliando la via di partenza. Proviamo a vedere la situazione da un'altra prospettiva. Iniziamo da noi "addetti ai lavori", tesserati Csi (insisto su questo perché avere una tessera vuol dire rispondere dei propri comportamenti).
Un Istruttore veramente educatore, che vive la gara in maniera equilibrata e serena, diventa un esempio per i genitori. Poi, è chiaro che c'è sempre l'eccezione. Ma resta tale.
Mentre un "istruttore" che affronta la partita contestando ogni minima decisione  del nostro educatore in campo, che enfatizza tutto, dalla vittoria alla sconfitta, che nelle sue performance in panchina coinvolge più o meno sarcasticamente i bambini "avversari" (uso a forza questo termine "avversari") alimenta il malessere del nostro ambiente. E questo voglio che non succeda più. Da questo momento se io e gli altri dirigenti del Csi Sassari sentiremo una frase irrisoria o ambigua nei confronti di bambini e squadre che indossano una maglia diversa, così come insulti o lamentele reiterate nei confronti del nostro educatore (che può anche sbagliare e noi non abbiamo mai negato a nessun tecnico o dirigente un confronto costruttivo su questo tema), interverremo per allontanare all'istante dal campo la persona, o le persone, interessate.
Badate bene che al Csi non interessa fare numeri. Interessa la qualità delle persone che ne fanno parte. Preferiamo avere 80 squadre che vivono l'attività serenamente e soprattutto con equilibrio educativo piuttosto che 140 con tesserati adulti che affrontano le partite come se dovessero conquistare una salvezza in Prima categoria (con tutto il rispetto) prima, durante e dopo la gara. E, per concludere, il discorso Facebook. Un tesserato Csi deve ricordarsi ogni giorno che quello che si pubblica sui social (ripeto, esclusivamente inerente all'attività promossa dal Csi) deve essere adeguato, nella forma e nella sostanza, alle direttive che l'Associazione detta. Educazione, rispetto, fair play, amicizia. Posso scrivere altre cento parole, ma credo bastino queste. Una parola fuori posto fa scadere terribilmente il nostro mandato educativo che noi abbiamo volontariamente deciso di intraprendere e macchia in maniera indelebile la realtà che viviamo. Facebook e simili sono uno strumento di comunicazione straordinario. Usiamoli per veicolare messaggi positivi per la crescita formativa, prima ancora che sportiva, dei nostri atleti. Prendiamoci tutti quanti la responsabilità di abbassare i toni perché da questo momento in poi non ci saranno sconti per nessuno. Uno dei primi insegnamenti che il Presidente Mario Casu mi ha trasmesso quando arrivai al Csi è stato: "Pensa ad allontanare i cattivi maestri dal nostro circuito associativo". E così faremo.
Il Csi e i suoi campionati esistono per educare attraverso lo sport. Chi non si adegua va fuori. Non è obbligatorio entrare a far parte della nostra Associazione. E noi siamo liberi di non accettare chi non rispetta il nostro modo di vivere lo sport.
Spero sia chiaro una volta per tutte. 
 
Giuseppe Porqueddu"


Inserito il 23-03-2016 21:22 / Aggiornato il 18-05-2016 17:08