• Bellissima riflessione di un allenatore di una scuola calcio!

20-10-2014 21:41 News
kakàsaba
Il calcio con i bambini non è solo talento, folli aspirazioni ma divertimento, crescita della personalità e rispetto tra compagni.

Nel mio profilo di Facebook la madre di un nostro atleta ha pubblicato una bellissima lettera di un allenatore di una squadra di piccoli bambini. Leggendola, oltre a condividerne totalmente il contenuto, la mia riflessione si è incentrata su quello che deve essere il ruolo del cosidetto "mister". Proprio per questo, ho preso la decisione di pubblicarla perchè sono sicuro che sarà un occasione per tutti noi di ulteriore crescita, non solo dal punto di vista sportivo. In tanti anni mi sono reso conto che con i bambini non si finisce mai di imparare ed anzi, quando si raggiunge la convinzione di essere esperti, allora arrivano gli errori più gravi.

Abituiamoci a metterci in gioco, a partire dal presupposto che non sempre possiamo avere ragione e soprattutto a riconoscere pubblicamente i nostri errori, sono sicuro che diventeremo ancora più forti e credibili. Con l'umiltà e l'onesta siamo cresciuti tanto e proseguendo su questa strada vinceremo in campo ma soprattutto fuori dal campo.

Antonello SABA

 

 

"Sono ormai tre anni che trascorro il mio tempo libero in mezzo ai bambini che giocano a calcio. C’è chi gioca, chi ci prova, chi semplicemente sta nel campo aspettando che la palla passi dalle sue parti per tirare un calcio e dare un senso al suo allenamento. Ne ho viste di tutti i colori in questi tre anni: ho visto portieri salutare la mamma, ignari del fatto che la palla stesse carambolando lentamente in porta, ho visto difensori schierarsi alle spalle della porta. Ho visto non so quanti bambini fare le “montagnelle”, soprattutto sul nostro campo degli Azzurri, che si presta molto a questa attività. Ho visto bambini rincorrere la palla oltre la linea laterale, portieri che hanno voluto fare gli attaccanti e centravanti che hanno insistito per fare i portieri. Ho incontrato bambini che non volevano andare in panchina e bambini che non volevano andare in campo. Ho visto bambini che tifano Juventus, Inter e Milan contemporaneamente. Credevo di aver visto tutto, quando un bimbo mi ha detto che non ricordava più se tifava Torino o Juventus (tifava Torino come suo papà, a cui non ho mai raccontato questo aneddoto). Ho visto portieri che volevano sfilarsi i guanti perché faceva caldo. Ho visto un bambino che voleva partecipare all’allenamento mentre il papà non voleva. Ho visto il contrario. Non ho mai visto un bambino “scarso”. Sono sempre più convinto che la “scarsezza” non appartiene al mondo dei bambini. Ai bambini è concesso tutto. Se è concesso al portiere di sfilarsi i guanti per il caldo, se è concesso a un bambino di tifare Milan e Inter contemporaneamente, deve essere anche concesso a un bambino di definire “scarso” un suo compagno o un suo avversario. Agli adulti, al contrario, questa concessione non può essere fatta. Sentire quel termine pronunciato dagli adulti mi irrita. E ne ho sentiti tanti. Lo so, non tutti i bambini sono abili allo stesso modo nel gioco del calcio. C’è chi è più abile a scuola, chi in piscina, chi nel riconoscere le macchine e chi non vuole mostrare le proprie capacità agli altri. C’è chi conosce il rispetto per il prossimo, chi è abile nel tirare diritto nonostante qualcuno abbia tracciato per lui una strada tortuosa. C’è chi è capace di tirarsi indietro quando si accorge di non essere accettato e chi, invece, insiste nella propria passione, anche se per gli altri non è un campione. E c’è chi è più abile degli altri a giocare a calcio. Gli allenatori lo sanno e i genitori lo vedono. Ma cosa c’è di più bello che vedere il proprio figlio soddisfatto e contento anche per aver preso parte a una partita pur senza toccare una palla? Cosa c’è di più commovente ( e raro...) di un bimbo che gioisce di un gol del compagno come se fosse suo? Cosa c’è di più bello di un bimbo che indossa la maglia del suo beniamino, sognando un giorno di poter giocare nella sua squadra del cuore? Non ho mai allenato un bimbo “scarso”.

Ho cercato sempre di scoprire il meglio di ogni bambino che mi viene affidato. Vedere come si illuminano gli occhi di un bimbo che calcia un pallone in porta, vedere la smorfia di fatica e la soddisfazione di un portiere che ha appena sventato un gol, mi induce a pensare che i miei bimbi sono tutti campioni.
Vedere un bimbo che mi abbraccia nel bel mezzo dell’allenamento, apparentemente senza motivo, e mi stringe come se volesse ringraziarmi di averlo fatto sentire importante, anche per cinque minuti, fa illuminare anche i miei occhi. Dover andare a prendere alcuni bambini all’ingresso del campo, allontanandoli dolcemente dalla presenza rassicurante della mamma, fa sentire importante anche me. Vedere i bimbi che fanno di tutto per farsi notare e potermi salutare quando mi incontrano per strada, al supermercato o all’uscita della scuola, mi fa pensare che nessuno dei miei bimbi è un bimbo “scarso”. Anche se riescono a non sporcarsi in un campo infangato, anche se lo scatto più veloce se lo riservano per correre negli spogliatoi a fine partita. Anche se in campo dovessero perdere tutte le partite.
Giuseppe Chieffallo
Allenatore Asdo Azzurri Lissone"

Aggiornato il 13-11-2014 17:26